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lunedì 26 gennaio 2015

I buchi neri esistono... eccome!

Buco nero gigante rilevato nella
galassia ellittica M87, il più grande
conosciuto per ricerca diretta. Dista
50 milioni di anni luce.
Le equazioni della gravità di Einstein sono alla base della moderna teoria dei buchi neri; per ironia della sorte, egli le utilizzò per dimostrare che simili oggetti non possono esistere.

Orizzonte degli eventi - All'interno dell'orizzonte degli eventi tutti i percorsi portano la particella più vicino al centro del buco nero. La particella non può più sfuggire.
La caratteristica distintiva di un buco nero è la comparsa di un orizzonte degli eventi -un confine spazio- temporale attraverso il quale la materia e la luce possono passare solo verso l'interno del buco nero. Nulla, nemmeno la luce, può sfuggire dall'orizzonte degli eventi. L'orizzonte degli eventi è indicato come tale, perché se un evento si verifica entro i suoi confini, le informazioni da tale evento non possono raggiungere un osservatore esterno, rendendo impossibile determinare se si sia effettivamente verificato. Come predetto dalla relatività generale, la presenza di una massa deforma lo spazio-tempo in modo tale che i percorsi seguiti dalle particelle piegano verso la massa del buco. All'orizzonte degli eventi di un buco nero, questa deformazione diventa così forte che non esistono percorsi per sfuggire al buco nero. Per un osservatore distante, un orologio vicino a un buco nero sembra ticchettare più lentamente rispetto a quelli più lontani dal buco nero. A causa di questo effetto, noto come dilatazione temporale gravitazionale, un oggetto che cade in un buco nero sembra rallentare come si avvicina l'orizzonte degli eventi, impiegando un tempo infinito per raggiungerlo. Allo stesso tempo, tutti i processi attivi su questo oggetto rallentano, dal punto di vista di un osservatore esterno fisso, provocando un effetto noto come redshift gravitazionale. Infine, in prossimità dell'orizzonte degli eventi, l'oggetto in caduta emette così poca luce che non può più essere visto. D'altra parte, un osservatore in caduta in un buco nero non nota nessuno di questi effetti mentre attraversa l'orizzonte degli eventi. Secondo il suo personale orologio, attraversa l'orizzonte degli eventi dopo un tempo finito senza notare alcun comportamento singolare. In particolare, non è in grado di determinare esattamente quando lo attraversa, come è impossibile determinare la posizione dell'orizzonte degli eventi da osservazioni locali. La forma dell'orizzonte degli eventi di un buco nero è sempre approssimativamente sferica. Per buchi neri non rotanti (statici) la geometria è appunto sferica, mentre per i buchi neri rotanti la sfera è alquanto oblata.

Principio Olografico - Nel 1972, lo scienziato e astronomo Jacob Bekenstein si domandò cosa accade a un oggetto con entropia, ad esempio un gas caldo, quando varca l'orizzonte degli eventi: se essa scomparisse ciò comporterebbe una violazione del secondo principio della termodinamica, in quanto il contenuto aleatorio del gas scomparirebbe, una volta assorbito dal buco nero. La seconda legge può essere salvaguardata solo se si considerano i buchi neri come oggetti aleatori, con una enorme entropia, il cui incremento compensi abbondantemente l'entropia contenuta nel gas risucchiato. Il principio olografico trae origine dai calcoli effettuati sulla termodinamica dei buchi neri, che implicano che l'entropia massima possibile contenuta in una regione sia proporzionale alla superficie che racchiude la regione, non al suo volume, come ci si aspetterebbe (ovvero al quadrato del raggio, non al cubo). Nel caso specifico del buco nero, la teoria comporta che il contenuto informativo caduto nel buco nero sia interamente contenuto nelle fluttuazioni superficiali dell'orizzonte degli eventi. Nel 1981 il fisico Stephen Hawking sollevò il paradosso informativo, dovuto all'entropia e conseguente evaporazione dei buchi neri, da lui stesso calcolata per altra via a partire dalle fluttuazione quantistiche appena sopra l'orizzonte degli eventi; attraverso essa, sempre secondo Hawking, sarebbe scomparsa l'informazione intrappolata dall'orizzonte. Nel 1993 il fisico Leonard Susskind propose una soluzione del paradosso basata sul principio della Complementarità (mutuato dalla fisica quantistica), per cui il gas in caduta entrerebbe "o" non entrerebbe dentro l'orizzonte, a seconda del punto di vista: da un punto di vista esterno un osservatore vedrebbe le stringhe, ovvero i componenti più elementari del gas, allargare le loro spire fino ad abbracciare la superficie dell'orizzonte degli eventi, dove si manterrebbe tutta l'informazione senza alcuna perdita per l'esterno, nemmeno in conseguenza della successiva evaporazione, mentre, per un osservatore che seguisse il gas in caduta, l'attraversamento dell'orizzonte avverrebbe, e avverrebbe senza particolari fenomeni di soglia, in conformità al principio relativistico (primo postulato della relatività ristretta), verso la singolarità. Il principio olografico risolverebbe dunque il paradosso informativo, nel contesto della teoria delle stringhe.

03 febbraio 2014 - "Cos'ha detto (davvero) Stephen Hawking sui buchi neri" di Sabine Hossenfelder
Il clamore suscitato della recente affermazione di Stephen Hawking che i buchi neri non esistono nasce da un equivoco, e dalla confusione fra il concetto puramente matematico di buco nero, potenzialmente eterno, e quello fisico. Il primo potrebbe benissimo non avere alcun corrispettivo fisico, senza che ciò influisca minimamente sull'altro, la cui esistenza appare comprovata di Sabine Hossenfelder
A meno che non abbiate trascorso gli ultimi giorni dentro un buco vero e proprio, avrete probabilmente letto da qualche parte che Stephen Hawking ora sostiene che i buchi neri non esistono. Ero sul punto di chiudere gli occhi e lasciare che questa ondata di sciocchezze mediatiche mi passasse accanto, ma persino mia madre mi ha chiesto che cosa significava. Quindi, ecco la spiegazione in breve.
Si dice spesso che un buco nero è definito dalla presenza di un orizzonte degli eventi. L'orizzonte degli eventi è il confine di una regione da cui non può sfuggire alcuna informazione, mai. La parola decisiva è “mai”. L'orizzonte degli eventi è una proprietà matematicamente ben definita dello spazio-tempo, ma è solo un costrutto interamente matematico. Dovremmo letteralmente aspettare fino alla fine dei tempi per scoprire se un orizzonte degli eventi è davvero un orizzonte degli eventi nel senso di questa definizione.
Quindi, invece che di orizzonte degli eventi, i fisici parlano spesso di orizzonte apparente. L'orizzonte apparente è, grosso modo, un qualcosa che somiglia a un orizzonte degli eventi per un periodo finito di tempo. Dal momento che noi possiamo misurare solamente cose che avvengono in tempi finiti, ciò su cui ci interroghiamo, che cerchiamo e che osserviamo è l'orizzonte apparente.
Agli effetti pratici - vale a dire le reali osservazioni di buchi neri astrofisici - la distinzione tra orizzonti apparenti e orizzonti degli eventi è del tutto irrilevante. Ed è per questo che né voi - né, probabilmente, molti giornalisti scientifici - ne avete mai sentito parlare. L'idea che quando la materia collassa possano formarsi non orizzonti degli eventi veri e propri, ma solo orizzonti degli eventi apparenti che finiscono per svanire non è nuova. Nella letteratura scientifica è oggetto di discussione da una ventina di anni. In un articolo che ho scritto con Lee Smolin, abbiamo discusso la possibilità che non ci siano orizzonti degli eventi, ma solo orizzonti apparenti per ragioni di carattere molto generale. 
Schematizzazione degli eventi nei
buchi neri
(Si veda la figura 3 dell'articolo e relativa didascalia)
Ma allora che cosa ha detto veramente Hawking? La citazione esatta è:
“L'assenza di orizzonti degli eventi implica che non ci siano buchi neri, nel senso di condizioni da cui la luce non può sfuggire all'infinito.”
Se si definisce un buco nero come uno spazio-tempo con un orizzonte degli eventi, allora l'affermazione è corretta. Ma ci saranno ancora degli oggetti, chiamiamoli “buchi neri apparenti”, che somigliano quasi perfettamente ai buchi neri per tempi che superano di diversi ordini di grandezza la durata di vita dell'universo. E nessuna osservazione attualmente possibile sarà in grado di dire se, per esempio, il centro della Via Lattea ospita un buco nero con un orizzonte degli eventi o un buco nero apparente che somiglia a un buco nero con un orizzonte degli eventi.
Sostanzialmente, ciò che Hawking sta dicendo è di ritenere che un collasso della materia porti solo a un orizzonte apparente temporaneo, e non a un orizzonte degli eventi eterno. Questo è un parere condiviso da molti suoi colleghi (me compresa) e non c'è nulla di nuovo in questa idea.
E' davvero un peccato che questa dichiarazione di Hawking sia stata così fraintesa, dato che ci sono davvero persone che affermano che i buchi neri non esistono. Sostengono che ciò che osserviamo in realtà sono solo oggetti massicci molto scuri che non collassano oltre il loro raggio di Schwarzschild [una distanza associata e proporzionale alla massa di un corpo celeste, N.d.R.] e che hanno una superficie materiale. Si tratta di un'opinione a dir poco minoritaria, perché richiede modifiche sostanziali alla teoria della gravità di Einstein, senza contare che è in conflitto con le osservazioni. Sono sicurissima che non è questo ciò che Hawking intendeva.
Detto questo, “l'articolo” di Hawking è in realtà solo un resoconto di una conferenza tenuta lo scorso anno. E soprattutto una sintesi delle sue riflessioni sul cosiddetto firewall dei buchi neri, nessuna delle quali ho trovato molto appassionante e straordinaria. Se l'articolo fosse stato scritto da qualcun altro, nessuno vi avrebbe prestato attenzione.
In sintesi, in seguito all'articolo di Hawking non è cambiato nulla nella nostra comprensione dei buchi neri.
Circolare, circolare, qui non c'è niente da vedere.

Sabine Hossenfelder insegna fisica delle alte energie al Nordic Institute for Theoretical Physics (NORDITA) a Stoccolma. Laureatasi alla Johann Wolfgang Goethe Universität di Francoforte, è interessata alle teorie della gravità quantistica e delle stringhe.


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